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Il collezionista Paolo Tondo, di Lecce, mi scrive chiedendomi come mai nel sito sono quasi assenti notizie e immagini relative ai modelli prodotti dalla Dinky Toys, che lui, invece, raccoglie con passione da molti anni. Pensando, giustamente, che la causa sia legata al fatto che io non li colleziono più e che, di conseguenza, non dispongo delle immagini necessarie, mette a disposizione la sua collezione e la sua esperienza per completare il sito anche in quella direzione.
Con entusiasmo ci siamo quindi dedicati alla predisposizione delle pagine sulle Dinky Toys certi di fare qualcosa di molto utile anche agli altri collezionisti. Per conoscere meglio l'amico Paolo ecco qui una piccola intervista, realizzata in una piovosa giornata di dicembre, sorseggiando un buon the davanti al caminetto. Nella vetrinetta, ovviamente, moltissime macchinine.
 
Alberto Spano


La passione per le macchinine ha quasi sempre origini molto lontane nel tempo, radicate nell'infanzia. E' così anche per te, Paolo?
Già. Sono sempre stato affascinato dalle automobili. Da piccolo conoscevo le marche, i modelli, le prestazioni e, naturalmente, i miei giocattoli preferiti erano le macchinine, principalmente quelle in metallo della Dinky Toys. Piuttosto piccole, appena una decina di centimetri, ma pesanti come il piombo, erano implacabili nel bucare le tasche dei miei pantaloni. Andavo in giro sempre con almeno una macchinina in tasca e ci trascorrevo interi pomeriggi.
Come mai proprio le Dinky? Erano di importazione e, in genere, erano reperibili solo nelle grandi città.
Certo. Le mie prime macchinine non erano Dinky e venivano acquistate alle bancarelle. Non mi piacevano quelle piccolissime, ma neppure quelle grandi: dovevano entrarmi in tasca come in un garage. Ricordo le prime Politoys che si chiamavano "APS", senza vetrini e sedili, con le gomme fuse insieme con il cerchione ed anche piuttosto approssimative come fedeltà al modello riprodotto. Erano vendute in scatole che contenevano parecchie macchinine assortite come modelli e colori. C'erano anche le Marchesini, in latta litografata, nelle confezioni da sei modelli assortiti che i commercianti appendevano intorno alla bancarella. Le INGAP, in scala un po' più grande ed in genere con il meccanismo a frizione, stavano sul banco, ma le apprezzai solo da piccolissimo. La retrocarica me le faceva considerare giocattoli da bambino piccolo ed io, invece, mi sentivo già grande. Poi conobbi le Politoys in plastica, in scala 1/41, con le ruotine che saltavano via dagli assi ma che avevano il pregio di poter essere smontate per giocare al carrozziere. Le compravamo alla UPIM, di fronte all'Hotel Risorgimento, dove c'era un' espositore a forma di scaletta con i modellini disposti uno a fianco all'altro, senza scatola. Ricordo benissimo che la signorina addetta al reparto, appena si vendeva un modellino lo rimpiazzava immediatamente facendo in mille pezzi la scatolina che lo conteneva. E pensare che adesso c'è chi le valuta più del modellino che contengono.
E le Dinky Toys, quando le hai incontrate per la prima volta?
Un giorno, durante una vacanza in Emilia Romagna, vidi in una vetrina le Dinky Toys che pensavo fossero tutte inglesi anche perché i cataloghi erano unici, senza che fosse specificata la produzione. Fu amore a prima vista, erano belle, coloratissime, rispecchiavano fedelmente i modelli originali ed erano indistruttibili: anche se cadevano a terra al massimo si scorticava un po' la vernice ma non facevano la fine delle tanto decantate Mercury, le cui carrozzerie erano molto delicate e se cadevano come minimo si aprivano in due. Conservo ancora il fondino con le ruote ed i sedili della Maserati 3500 che il giorno in cui mi fu regalata cadde e la carrozzeria si ruppe in più pezzi.
Povera Maserati! Quindi, dopo il colpo di fulmine, sei rimasto fedele alle Dinky Toys?
Si, anche perché, tornato nella mia città, le trovai in un negozietto per la vendita di casalinghi in plastica: si chiamava per l'appunto PLASTIK. Era il periodo in cui era iniziata la commercializzazione del "Moplen", un materiale plastico che soppiantò nelle cucine i vecchi catini, i secchi e tanti altri utensili in ferro ed in terracotta. Entrando nel negozio, sulla destra vi era un espositore della Dinky Toys, certamente non grande, ma sufficiente per contenere un bel po' di macchinine. Diventai un cliente affezionatissimo: ero affascinato dalla precisione della riproduzione, principalmente nella produzione francese. La fedeltà di riproduzione era veramente pregevole: la Dinky Toys non produceva macchinine di fantasia, autogiocattoli qualsiasi, ispirati più o meno a questo o a quel modello, ma ti ritrovavi tra le mani copie quasi perfette dei modelli veri. Si, costavano molto di più delle altre ma, visto che le conservavo con estrema cura nelle scatoline originali (per preservarne la verniciatura), venivo spesso accontentato nell'acquisto.
I negozi dedicati al modellismo erano veramente pochini. Io i modellini li compravo nei grandi magazzini, nei negozi di giocattoli e nelle cartolerie.
E' vero. Successivamente scoprii il MICRONAVIO, un negozio di modellismo vicino a piazza Trecentomila. Commercializzava varie marche, Corgi Toys, Tekno, Mercury, Solido, ma l'assortimento scarseggiava. Aveva pochi modelli di ogni marca ed ognuno era unico: chi lo acquistava lo aveva solo lui. Il proprietario era un signore anziano, grande appassionato di modellismo al punto che quando vendeva una macchinina sembrava quasi dispiaciuto di doversene separare.


Ma hai collezionato anche modelli di altre marche o la tua dedizione è stata totale?
Ovviamente ne ho acquistate anche di altre marche. Ricordo, ad esempio, quando i magazzini UPIM si trasferirono nella nuova sede, più grande, e cambiò il sistema di vendita: non più i banchi con la commessa addetta, ma la merce era disposta sugli scaffali a disposizione del pubblico. Quasi in contemporanea la Politoys presentò la serie M, in metallo, e mi riavvicinai a questa marca, visto che le macchinine erano robuste, ben fatte e con tantissime aperture. Le francesi della NOREV, invece, le trovai in vendita in un negozio di casalinghi, Carlino, in via Trinchese. Erano modellini fatti molto bene, spesso con parti apribili, ma già dalla vetrina ne capii il principale difetto: i modellini, in plastica, esposti al sole tendevano a cambiare forma, arcuandosi.
L'attività di "carrozziere" o di "preparatore" in miniatura ha sempre esercitato un effetto magico sui ragazzini. Io non buttavo mai via le macchinine rotte perché qualche pezzo poteva tornarmi utile.
Condivido. Ai miei amici o compagni di scuola chiedevo sempre se avessero delle macchinine rotte; li pregavo di non buttarle e magari le scambiavo con figurine o francobolli usati. Alcune riuscivo ad aggiustarle e farle ritornare come nuove, altre le conservavo in una cassetta di legno a mo' di sfasciacarrozze per poterne recuperare i pezzi. Non si trovavano in commercio i pezzi di ricambio, ma la Dinky forniva le preziose gomme di ricambio e, siccome il mio "garage" aveva un reparto per il gommista, ne feci una buona scorta. Le gomme si sono dimostrate nel tempo la parte più delicata del modellino, specialmente quelle bianche che se non ruotate periodicamente si appiattivano sotto il peso della macchinina.
Le nostre avventure di piccoli collezionisti fin qui sono molto simili, Paolo. Io negli anni '70 ho un po' abbandonato le macchinine. Colpa della patente e delle auto vere? Distrazioni sentimentali? Impegni di lavoro? O c'è qualcosa di diverso insito proprio nelle macchinine di quel periodo?
Forse un po' tutte queste cose. Quando cominciai a farmi grande, proprio mentre cercavo ancora più fedeltà di riproduzione ai vari modelli, la qualità dei modelli si abbassò moltissimo: diventarono grossolani e mal rifiniti e vennero introdotte anche le famigerate ruote veloci. Fu un problema che coinvolse tutte le marche di automobiline, non solo la Dinky Toys. Nel 1974 raccolsi tutte le mie automobiline in una grande scatola e le conservai, consapevole di possedere un piccolo tesoro. Di tanto in tanto le riprendevo per ammirarle, per vedere se avevano bisogno di qualcosa. Molte le avevo tenute benissimo, conservando addirittura le scatoline originali; altre, invece, erano un po' segnate. Poi il servizio militare, gli studi, il lavoro mi hanno portato lontano dalla mia grande scatola piena di macchinine.
Poi la scatola è saltata fuori di nuovo, benedette le cantine e le soffitte… e il gioco ricomincia.
Proprio così! E' cominciato un nuovo gioco che pian piano, come per magia, mi ha portato indietro nel tempo, in un mondo che, man mano che ci si fa grandi, si finisce inevitabilmente per dimenticare: quando delle semplici macchinine ti fanno provare emozioni difficili da esprimere in parole. Mi sono così ritrovato immerso nella genuinità di un'infanzia vissuta da una generazione a cui bastava veramente poco per essere felice. Non avevamo internet, la playstation; per noi c'era la TV dei ragazzi e il "tutti a letto" dopo Carosello.
Avevamo però tanta fantasia e sapevamo crearci lo svago dal nulla. Diventavamo viaggiatori del mondo attraverso i francobolli, conoscevamo tanti uomini illustri con le raccolte di figurine, sognavamo di guidare le auto più belle, come la Jaguar "E" dei nostri eroi dei fumetti. Si viveva in un mondo fatto di fantasie, le fantasie di un bambino dei primi anni '60 che, grazie alle macchinine, continuano a vivere in me e mi danno ancora la possibilità di guardare, con occhi da bambino, le cose dei grandi.

E' proprio vero. Si torna bambini. Non riusciamo a mettere una zeppa tra le ruote del tempo, ma in qualche modo riusciamo ad imbrogliarlo, a distrarlo dalla sua inarrestabile corsa.
Un giorno una persona saggia mi fece riflettere sostenendo che non smettiamo di giocare perché invecchiamo, ma invecchiamo proprio perché smettiamo di giocare. Bé, forse è proprio vero.



NOTA: Le foto di questa pagina sono state scattate da Paolo Tondo a modelli della sua collezione.